Questa non è una ricostruzione giornalistica, e neppure un riepilogo emozional-cronologico. Più semplicemente il tentativo, personalissimo, di mettere in fila alcuni derby sofferti in prima persona nella vecchia Maratona, quella vera; nella quasi totalità derby vinti, perché di derby persi ne abbiamo fin troppi marchiati a fuoco sulla nostra pellaccia granata.

 

La prima stracittadina che ricordo al Comunale è datata 23 ottobre 1983: come dimenticare, dalla parte della curva Filadelfia, lo sgomitare scomposto di Boniek, Zaccarelli che crolla a terra e l’arbitro non “amico” D’Elia costretto ad estrarre il rosso? Poi, nella ripresa, succede tutto in un quarto d’ora: segna Dossena, pareggia Cabrini mentre Selvaggi giustizia la Juve. Stesso risultato ma ulteriore impennata di gioia un anno dopo: è la stagione d’oro 1984/85 che vede imporsi il Verona sul Toro. Alla stracittadina di domenica 18 novembre 1984 i granata si presentano quattro punti avanti e la Maratona stravince anche stavolta il derby della coreografia con quel fantastico bandierone che copre tutta la curva e con quello striscione “Minime al Nord: Juve -4”. Come dire, faceva un po’ più freddo di oggi… A premiarci per inventiva e fantasia, i gol arrivano proprio sotto di noi: anche quello di Platini che apre le ostilità, ma nella ripresa il Toro si scatena. Francini pareggia, poi allo scadere Leo Junior scaglia un dardo dalla bandierina che Serena di testa incorna in porta. In Maratona è il terremoto: c’è chi perderà di vista amici e fidanzata, salvo ritrovarsi solo più tardi, a partita finita da un pezzo. E poi ci sono i derby da Coppa Italia, come quello del 6 aprile 1988 che ci spalanca la strada alla finale contro la Samp. I gol arrivano nella ripresa: dopo Gritti, ecco il raddoppio di un difensore che ha il Toro impresso nel cuore come pochi, Ezio Rossi. Infine l’ultimo derby al Comunale, anche se si tratta di un ricordo mesto: metà maggio 1989, il Toro è in apnea nella corsa per salvarsi, per dare una spinta in più si sceglie di indossare le maglie del Grande Torino. Nonostante il sacrilegio, la montagna partorisce un topolino: finisce 0-0 e il Toro retrocede in B.

 

Poi si cambia stadio e la Maratona, quella vera, chiude i battenti. Il resto sarà un’altra storia.

 

 


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